mercoledì 27 giugno 2018

VENERDI 22 GIUGNO, VISITA A SCANDIANO DELL'ARCIDUCA MARTINO D'ASBURGO-ESTE






Schultzen durante la visita nella Rocca dei Bojardo


Il colonnello dell'Accademia di Modena, Gasparini Casari, il Comandante della Polizia Municipale Ermanno Mazzoni e il Sindaco di Scandiano, Alessio Mammi

Gruppo di cittadini, insieme a Martino d'Asburdo-Este e il Sindaco Alessio Mammi durante la visita nella Rocca dei Bojardo

Incontro tra il Console austriaco Wolfgang Spadinger e il Sindaco Alessio Mammi

Gruppo di cittadini, insieme a Martino d'Asburdo-Este e il Sindaco Alessio Mammi durante la visita nella Rocca dei Bojardo 
L'Arciduca Martino d'Asburgo-Este incontra il Sindaco Alessio Mammi



L'Arciduca Martino d'Asburgo-Este passeggia con il Sindaco Alessio Mammi

                                         
                                             Schultzen durante la visita nella Rocca dei Bojardo

Enzo Cestari, Presidente Schultzen Trentino, Martino d'Asburgo-Este, Alessio Mammi e il Console  Wolfgang Spadinger

Deposizione dei fiori nella Rocca dei Bojardo in ricordo dei prigionieri austro-ungarici

Benedezione della corona di fiorni

Salone d'onore della Rocca gremito per la conferenza con Martino d'Asburgo-Este

Foto ricordo degli Schultzen e cittadini scandianesi, scattata nella cantina di Aljiano

Il Console Wolfgang Spadinger con Marco Montipò, autore del libro "SCANDIANO e la Grande Guerra"

L'Arciduca Martino d'Asburgo-Este con Marco Montipò, autore del libro "SCANDIANO e la Grande Guerra"

Momenti in Rocca dei Bojardo



Momento in Rocca dei Bojardo

Schutzen nell'atrio della Rocca dei Bojardo


Intervento dell'assessore Alberto Pighini durante la conferenza con Martino d'Asburgo d'Este

Intervento del Console austriaco Wolfgang Spadinger

Intervento dell'Arciduca Martino d'Asburgo-Este 
Un momento della conferenza nel Salone d'Onore della Rocca dei Bojardo



Schultzen che entrano in Rocca

Momenti nella Rocca dei Bojardo

Schultzen in Rocca

Uno Schultzen durante la visita in Rocca


sabato 2 giugno 2018

TERZA GUERRA D'INDIPENDENZA: GLI SCANDIANESI ARRUOLATI TRA LE CAMICIE ROSSE DI GARIBALDI


Il Generale Giuseppe Garibaldi rimane una di quelle figure mitologiche, non un comune mortale ma un uomo destinato a vivere per sempre nell’immaginario collettivo. Sulle sue imprese e avventure hanno scritto infiniti libri, che leggendoli, lasciano letteralmente senza fiato il lettore facendogli rivivere ancora una volta quelle storie divenute leggende. Garibaldi nonostante fosse un uomo solitario ha travolto l’Italia intera e ogni città infatti ha vantato la sua venuta, anche Reggio Emilia che con una Lapide (tutt’ora esistente) menziona come il Generale abbia dormito nella città del tricolore, si legge "A ricordare che nell'anno 1859 adì 18 agosto ebbe qui stanza GARIBALDI..." Scandiano gli ha dedicato una delle vie più importanti del paese, quella che entrava da porta Montanara (ora non più esistente) e che si addentrava nel cuore della cittadina, Corso Garibaldi appunto.


Ritratto di Corso Garibaldi da Porta Montanara e Lapide di Garibaldi a Reggio Emilia

Garibaldi ha avuto diversi scandianesi che l’hanno seguito sia idealmente che con le armi. Tra i primi troviamo Pietro Artioli, arcetano e primo socialista di Reggio Emilia.
Artioli nel 1873 fondava nel reggiano il primo giornale di stampo internazionalista e socialista L'Iride e proprio ad Artoli, Garibaldi, scriveva una lettera in cui esortava i cittadini reggiani e scandianesi a diffidare dai preti:“Caro Artioli, dite ai nostri operai che liberino l’anima dal prete e si potrà allora avere libertà materiale…”. Sempre Artioli   nel 1888, in veste di Assessore del Comune di Scandiano, inaugurava la lapide commemorativa al "vecchio amico" Garibaldi. Inizialmente murata nella Torre dell’Orologio e oggi esposta su Corso Vallisneri nella facciata del Municipio. .


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Pietro Artioli nel 1873  e foto dell torre dell'orologio con ancora la Lapide di Garibaldi


Garibaldi fu anche un capo militare, lui che l’Italia la fece con i fucili di tutta la penisola. Nei suoi ranghi durante le guerre d’indipendenza marciarono diversi scandianesi come: Almansi Felice, Bigi Domenico, Caroli Paolo, Almansi Eugenio, Beggi Clemente, Navalotti Matteo, Zannoni Giovanni, Cappelli Angelo. Oppure come Beggi Sante e Luigi Menozzi che entrambi partivano tra i volontari garibaldini nella Campagna di Guerra 1866, conosciuta anche come Terza Guerra d’Indipendenza. Beggi aveva appena diciottanni mentre Menozzi solo sedici. Quel conflitto nasceva per volontà della Prussia che insieme all'Italia, cercava di contenere l'espansione austriaca. Dopo avere siglato un alleanza con il Regno d'Italia, la Prussia attaccava l'Austria, era il 15 giugno 1866. Subito dopo, come d'accordi, scendeva in campo anche l'Italia che attaccava l'Austria su due fronti: l'esercito regolare in Veneto, Garibaldi e i suoi garibaldini in Trentino. In quella campagna di guerra, gli unici ad ottenere successi militari furono proprio quei garibaldini, che nonostante erano mal equipaggiati, vincevano sul campo le truppe austriache. Negli ambienti militari dicevano “per sorvegliare ventimila garibaldini occorrono quarantamila regolari” direi che avevano proprio ragione. Tra quei volontari c’era anche lo scandianese Domenico Beggi che appena ventunenne veniva arruolato come soldato nella 12° Compagnia Corpo Volontari Italiani e partiva con il leggendario Generale. I garibaldini avevano fucili scadenti e senza divise, i più fortunati indossavano la “famosa” camicia rossa. Queste mancanze erano dovute alle direttive dell’alto comando militare italiano che disprezzava fortemente Garibaldi e i suoi uomini. Nelle regole d'ingaggio infatti, facevano di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote, scriveva Garibaldi di quei momenti: "Non si parlava di cannoni: i volontari pensino a prenderseli, e i soliti catenacci, non le buone carabine di cui già era fornito l'esercito. Parsimonia miserabile nel vestiario, per cui molti militi andarono al nemico vestiti da borghesi. Infine le solite miserie, a cui hanno assuefatto i nostri volontari le cariatidi della monarchia." Il Reggimento di Domenico Beggi dopo averlo ispezionato Garibaldi in persona, risultava che “più di un terzo dei suoi uomini erano mezzi nudi e senza fucili.”  Nonostante l'aperta ostilità del Comando italiano i volontari si moltiplicavano e da tante città italiane, compresa Scandiano, partivano a migliaia. Alla vigilia della guerra, il Corpo Volontari Italiani contava oltre quarantamila soldati e nonostante tutto, sarà l'unico a vincere sul campo il nemico arrivando fino alle porte di Trento.


Domenico Beggi in divisa da garibaldino

L'esercito regolare italiano invece, nonostante la superiorità e ben armato, subiva umilianti sconfitte, come a Lissa e Custoza. Proprio su quest’ultima Garibaldi si scagliava contro La Mormora a cui dava la responsabilità della sconfitta: “condotta dal gesuitismo in veste marziale essa fu trascinata in una cloaca di umiliazioni.” Il 26 luglio 1866 Prussia e Austria firmavano l'armistizio e il Re Vittorio Emanuele II sapendo di non potere continuare la guerra senza la Prussia, aderiva all'armistizio siglato tra le due potenze. Il 9 agosto 1866 La Mormora telegrafava a Garibaldi per dirgli che  era stato firmato l’armistizio e che i suoi volontari dovevano lasciare il Trentino, scriveva: “Considerazioni politiche esigono imperiosamente la conclusione dell'armistizio, per il quale si richiede che tutte le nostre forze si ritirino dal Tirolo. D'ordine del Re, ella disporrà quindi in modo, che per le ore 4 antimeridiane di posdomani 11 agosto, le truppe da lei dipendenti abbiano ripassato le frontiere del Tirolo. Il generale Medici ha da parte sua cominciato il movimento. Voglia accusarmi ricevuta del presente dispaccio.” Garibaldi vedeva davanti a se le porte di Trento. I suoi volontari mal equipaggiati erano arrivati vittoriosi fino a qui ma gli ordini erano ordini e lui rispondeva con il famoso “OBBEDISCO”