giovedì 3 agosto 2017

MARIO POLISCENI, EROE IRREDENTISTA SCANDIANESE

Mario Polisceni in partenza per il fronte
Nella Grande Guerra diventeranno una sorta di mito gli irredentisti, ossia gli italiani che vivevano sotto dominio austriaco e che volevano la liberazione della terra natia anettendosi alla madre patria Italia.  Non a caso ”terre irredente” vuole dire “terre non ancora liberate”

Passeranno alla storia Cesare Battisti, Nazario Sauro, Guglielmo Oberdan, Damiano Chiesa e così via, ma io voglio parlare di un irredentista che ha dato la vita per liberare la sua terra dal dominio straniero e allo stesso tempo era legato a Scandiano, mi riferisco a Mario Polisceni.
I Polisceni, venivano dalla Val di Sole, precisamente da Cusciano TN. Trento era popolata per lo più da italiani che vivevano sotto il dominio austriaco; il risorgimento da loro si fermò con Garibaldi alle porte di Trento nel 1866, con il suo famoso “OBBEDISCO”.                                                                        
Nei primi del 900 Domenico Polisceni, papà di Mario, scendeva dal trentino verso la pianura lasciando a Cusciano la moglie e i figli. Sapeva lavorare il rame e cercava fortuna lontano da quelle montagne in cui si sentiva straniero.            
Il destino lo portava a Scandiano e qui, dopo un primo momento in cui provava ad inserirsi, faceva scendere alcuni dei suoi figli: Bortolo, Aurelio e Costante, tutti e tre fratelli di Mario.                                                      
In Trentino invece la tensione saliva sempre di più, gli irredentisti chiedevano più libertà e tutela dell’italianità, ma in risposta ricevevano più repressione e in alcuni casi si arrivava a scontri con morti e feriti. Mario a differenza dei suoi fratelli cresceva in tutto questo. La polizia austriaca era temutissima, bastavano pochi Gendarmi a tenere buoni tanti italiani, ma c’erano tra loro italiani che non abbassavano il capo, non tolleravano tutto questo, erano pazzi? erano incoscienti? erano sognatori? forse erano tutto questo e Mario era tra loro. Un giorno preparò dei petardi da lanciare contro i gendarmi, voleva che anche loro provassero un po di paura, che sentissero per una volta quello che provavano gli italiani. Quella bravata gli costò caro, infatti veniva incarcerato nel comando austriaco a Fucine. 

Allo scoppio della guerra, il 28 luglio 1914, le cose per gli italiani in trentino cominciarono a peggiorare e Mario, assillato dalla madre che gli chiedeva di partire, raggiunse suo padre e i fratelli a Scandiano, era l’agosto del 1914. Veniva ad abitare a Piazzale della Posta, oggi Piazza Laura Bassi, al numero civico 54. Lavorava il rame con i famigliari ma quando l’Italia entrò nel conflitto, il 24 maggio 1915, Mario si presentò volontariamente al Comando militare, voleva combattere e liberare la sua terra dal dominio austriaco. Partito e inquadrato nel 208° Reggimento Fanteria, Mario prese parte ai combattimenti a Passo Buole, definite le "Termopoli d'Italia." 
Il giovane irredentista combatté come un leone ma in quelle trincee veniva sopraffatto da un'arma micidiale e invisibile, la malattia. Il 3 agosto 1916, infatti, dopo un brevissimo periodo di febbre altissima, Mario spirò in un letto d'ospedale da campo. Purtroppo non vide mai la liberazione della sua terra ma il suo trentino, grazie anche al suo contributo, dopo la guerra venne annesso all'Italia.

Dopo il conflitto Mario venne inserito nell'Albo dei caduti scandianesi e fu menzionato nella Lapide alla Memoria dei caduti trentini nel sacrario di Rovereto, trentini come lui, che da italiani combatterono per l'Italia. 

Tomba della Famiglia Polisceni nel cimitero cittadino di Scandiano

I suoi fratelli rimasero a Scandiano anche dopo la guerra, anche quando il trentino diventò finalmente italiano, ormai Scandiano era casa loro. 
Bortolo acquistò casa nella nuova arteria della Scandiano Nuova, in via Fogliani e suo figlio, Giacomo Polisceni sarà anche dottore nell’ospedale cittadino Cesare Magati. 
Ancora oggi la tomba di famiglia, che si trova all'ingresso del cimitero cittadio, ne testimonia l'appartenenza alla comunità scandianese.