venerdì 23 settembre 2016

UNA GUERRA PER L'ACQUA: IL 23 SETTEMBRE 1201 REGGIO DICHIARA GUERRA A MODENA

Foto del Fiume Secchia, il fiume conteso.
Siamo nell'era dei "liberi comuni" in età medievale e in quell'epoca ogni Comune poteva vantare una propria politica economica e militare.
Il Comune di Reggio si era dovuto scontrare con diverse città,  Parma, Mantova e Modena, città quest'ultima da sempre in lotta con Reggio, una rivalità che legherà in un abbraccio di amore e odio le due città emiliane per tutto il cammino della storia.
In quel periodo una delle cose per cui valeva la pena muovere guerra ad una altra città era sicuramente la provvigione d'acqua, cosa fondamentale perché vitale per la vita e per l'economia della città.
Su questo punto Reggio aveva un grosso problema, infatti il Crostolo non soddisfava la domanda per la sua esigua portata e i fiumi più vicini erano l'Enza e il Secchia che purtroppo erano di dominio dei parmigiani il primo e dei modenesi il secondo.

I reggiani puntarono il secchia cosa che non piacque affatto ai modenesi, anzi, decisione che alzò la tensione fra le due città emiliane e dopo svariate scaramucce tra le due popolazioni, il 23 settembre del 1201 i reggiani tagliarono la testa al toro, con in testa il podestà Buvalello Bologenese, circa duemila fanti e centinaia di cavalieri mossero guerra a Modena.
I due eserciti si trovarono faccia a faccia sul ponte del Sanguineto, presso Formigine, quello modenese era più numeroso e meglio equipaggiato anche perché Modena era una città più ricca e signorile di Reggio e poteva permettersi il meglio anche nel campo bellico.
Ma i reggiani avevano l'astuzia e la tenacia, erano pronti a tutto e con il loro coraggio travolsero i modenesi, fu una disfatta per Modena, tantissimi i morti e chi non cadeva sotto i colpi dei reggiani veniva fatto prigioniero, tra questi anche il Podestà modenese Alberto da Lendenara.

Dopo questa grande vittoria i reggiani fortificarono Rubiera costruendo il castello oltre delle mura difensive e per realizzare queste opere impegnarono gli stessi prigionieri modenesi. Sarà sotto queste mure che nel giugno del 1202 i vinti provarono a riscattarsi e con un esercito rinvigorito da truppe veronesi e ferraresi, armati di mangani e lancia sassi, i modenesi misero Rubiera sotto assedio ma tutto inutilmente, Rubiera era inespugnabile. A quel punto Modena non poteva che accettare i reggiani e proprio sul fiume secchia, il 6 agosto del 1202 i podestà delle due città, Manfredo Pico per Modena e Gherardo Rolandino per Reggio firmarono la pace.
Finalmente era ufficiale, i reggiani potevano navigare e prelevare le acque del Secchia, inoltre i confini derivati dalle battaglie appena concluse erano i nuovi confini delle città, una vittoria su tutta la linea per Reggio.

Alcuni passaggi del racconto sono tratti dal libro: "Diritti della Città di Modena sulle acque di Secchia.." per gli eredi Soliani tipografi reali, Modena, 1827.

venerdì 16 settembre 2016

OGGI RICORRE IL 220° ANNIVERSARIO DELLA "BATTAGLIA" DI SCANDIANO, IL FATTO DI SANGUE PIU GRAVE DURANTE LE INSORGENZE NEL TERRITORIO REGGIANO



Albero della libertà di Reggio Emilia durante il periodo Napoleonico disegno del 1797

La notte del 25 agosto 1796 i patrioti reggiani alzarono l'albero della libertà in piazza grande, albero simbolo della rivoluzione francese. L'albero, un grande pioppo, fu eretto nel centro della piazza con la scritta "Tremate, o Tiranni, tremate, o Perfidi, alla vista della Sacra Immagine della Libertà"[1]. La mattina del 26 agosto, decine e decine di reggiani e soldati francesi ammiravano l'albero e intonavano canzoni patriottiche mentre il senato annunciava la nascita della repubblica reggiana.
Il clima di quegli anni non era affatto sereno sia per i fedeli agli Este che per i repubblicani reggiani, infatti le cittadine adiacenti a Reggio aderivano alla nuova Repubblica a macchia di leopardo. Molte non aderirono a questo progetto, non vollero il cambiamento, ma si chiusero su se stesse e della neo Repubblica non ne vollero sapere, una di queste fu proprio Scandiano. A seguito di questi avvenimenti il 3 settembre del 1796 alcuni patrioti reggiani si recavano a Scandiano per innalzare anche qui "l'albero della libertà"[2].
Si trattava di reggiani ardenti, coraggiosi e smaniosi di innalzare quel simbolo di libertà in una cittadina "nemica". Arrivati riuscirono nell'impresa e abbatterono anche le insegne ducali, gesto quest'ultimo che mandò su tutte le furie la reggenza di Modena, di cui pretese spiegazioni a Reggio. L'albero però durò poche ore, venne, infatti, abbattuto dalle guardie ducali e da alcuni scandianesi fedeli agli Este.
Il clima era incandescente in quei giorni, infatti un paio di reggiani passarono per Scandiano indossando la divisa della neo Repubblica con al petto la coccarda francese. I cittadini insorsero e, spalleggiati dai soldati ducali armati, intimarono ai due reggiani di togliersi la coccarda, cosa che non fecero e per questo fu immediatamente decretato il bando per i due patrioti[3].
I reggiani, però, non accettarono l'abbattimento dell'albero e le ultime "violenze" perpetrate dagli Scandianesi. Il 16 settembre organizzarono una rappresaglia, diverse carrozze guidate da fervidi patrioti si diressero nel paesello. Entrarono in Scandiano dalla porta che guarda Reggio, ma fu subito chiusa alle loro spalle e fu chiusa anche quella opposta che guarda in direzione di Sassuolo. Di colpo si trovarono in trappola, vittime loro stessi di una rappresaglia organizzata ad hoc. Suonarono le campane (segno di allarme) e i soldati ducali e alcuni scandianesi aprirono il fuoco contro i patrioti che iniziarono a scappare e a cercare riparo nelle case di conoscenti.
Rimase ferito un giovane ragazzo e gli altri furono fatti prigionieri e incarcerati nella Rocca. Finì male, invece, per un giovane reggiano che riuscì a scappare fuori dalle mura cittadine, ma fu colpito a morte nelle campagne adiacenti[4]. La terribile notizia giunse a Reggio dove una piazza inferocita reclamò vendetta per i patrioti e solo dopo che il senato assicurò il rilascio dei prigionieri, i reggiani si calmarono.
La mattina del 17 un agente militare si recò in Scandiano per interrogare sull'accaduto gli scandianesi e liberare i patrioti arrestati. Fu interrogato anche l'illustre Lazzaro Spallanzani[5], il quale non aiutò e non diede informazioni valide, forse un po’ complice moralmente dell'accaduto, come del resto gli altri compaesani.  Dopo un piccolo interrogatorio, si ordinò la restituzione delle armi e l'immediato rilascio dei prigionieri. Così fu e i patrioti ripresero la strada per Reggio.


CONCLUSIONE:

La storia raccontata è solo una piccola pagina di quegli anni, una piccola parte di quei grandi cambiamenti che colpirono l'intera Europa, certo piccola per dimensione ma di grande significato e valore. La devozione e la fedeltà degli scandianesi agli Este si riassume in questo piccolo passaggio storico che io ho voluto raccontare per dare quelle sfumature di cui la storia necessita. Inoltre, sono contento da scandianese di riportare alla luce questi significativi passaggi storici dei nostri avi e poterli condividere oggi nel 2015 con l'intera comunità. Purtroppo molti, troppi pezzi del nostro passato sono andati perduti e dimenticati e tocca a noi ricostruire il puzzle per avere una visione a 360° di Scandiano nel corso dei secoli. Abbiamo testi e racconti che meritano di essere letti e raccontati, libri che dormono silenziosi nelle nostre biblioteche reggiane, oggi uno di essi ha parlato e ci ha raccontato una piccola storia scandianese immersa nella grande storia dell’umanità.


MARCO MONTIPO’




[1] U.BASSI, reggio emilia alla fine del secolo XVIII (1796 – 1799) REGGIO NELL’EMILIA stabilimento litografico degli artigianelli 1895.   Pag 80 nota 4
[2] U.BASSI, CIT, pag 109 nota 1
[3] U. BASSI, CIT, pag 110 nota 2-3
[4] U. BASSI, CIT, pag 112
[5] U. BASSI, CIT, pag 113 nota 2