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venerdì 13 maggio 2016

IL 13 MAGGIO 1943 FINIVA IL SOGNO DELL'AFRICA ITALIANA


Il sogno dell'Africa italiana parte da lontano, fin della proclamazione d'Italia, nel 1861, i padri della patria provano a equilibrare la bilancia del potere in Europa e mettere il nostro paese al pari delle grandi potenze coloniali, come Francia ma soprattutto come l'Inghilterra.

Dopo svariati tentativi nel 1882 l'Italia realizza il suo sogno, la città Eritrea di Assab diventa italiana e incomincia l'era coloniale.

Nel suo massimo splendore il colonialismo italiano conta 4 colonie africane, la Somalia, la Libia, l'Eritrea e l'Etiopia. 

Il sogno dell'Africa Italiana finisce oggi nel 1943 in Tunisia, con la conclusione della Campagna Africa Settentrionale e la sconfitta delle truppe italo tedesche. 
La Campagna Africa settentrionale è  il teatro di guerra dove gli italiani sono i protagonisti principali, i primi ad entrare di scena e gli ultimi ad uscirne. 
I bersaglieri e la folgore hanno scritto la storia con il loro coraggio e il loro valore, gli alleati tedeschi lo riconobbero e addirittura i nemici, i quali lo misero nero su bianco per renderlo eterno.

Tutti noi abbiamo in mente la battaglia di El Alamein, crediamo essere la più famosa e la più eroica, ma non è così, o almeno, c’è molto di più in quella campagna di guerra, l’eroismo italiano vive in tutto il conflitto, fino a quel 13 maggio 1943. 

Voglio dedicare questo giorno a quegli italiani caduti, dispersi o prigionieri in terra d’Africa, quegli italiani che hanno scritto la storia con il loro sangue e il loro coraggio. Lo dedico in particolare a mio zio, Montipò Pietro, un bersagliere scandianese che a pochi giorni dalla fine del conflitto, dopo essere stato premiato per lodevole comportamento in combattimento, il 23 aprile 1943 è caduto in combattimento, lottando come un leone.
Sono fiero di tutti loro, erano l'Italia più bella, la più valorosa, li voglio ricordare e onorare con l'ultimo bollettino di guerra in terra d'Africa, un bollettino scritto dal Generale Antonio Messe il 13 maggio 1943: 
La I armata italiana, cui è toccato l' onore dell' ultima resistenza dell' Asse in terra d' Africa, ha cessato stamane per ordine del Duce, il combattimento.
Sottoposta all' azione concentrica ed ininterrotta di tutte le forze anglo - americane terrestri ed aeree, esaurite le munizioni, priva ormai di ogni rifornimento, essa aveva ancora ieri validamente sostenuto, con il solo valore delle sue fanterie, l' urto nemico.
è così finita la battaglia africana durata, con tante alterne vicende, trentacinque mesi.
Nelle ultime lotte, durante le quali tutti i nostri reparti - e quelli germanici a loro fianco schierati - si sono battuti in sublime spirito di cameratesca emulazione, le artiglierie di ogni specialità e il Raggruppamento esplorante corazzato cavalleggeri Lodi davano, come sempre, splendida prova.
L' eroico comportamento dei nostri soldati che, sotto la guida del Maresciallo d' Italia Giovanni Messe, hanno nella lunga battaglia assolto tutti i compiti loro commessi e conquistato nuova gloria alle proprie bandiere, riconsacra nel sangue e nel sacrificio la certezza dell' avvenire africano della Nazione.







Il sacrario italiano di El Alamein, immagini prese dal sito della difesa:  http://www.difesa.it/Il_Ministro/ONORCADUTI/Sepolcreti/Pagine/ElAlamein.aspx

Tutte le volte che leggo questa targa non posso che pensare a mio zio, a lui e quello che ha fatto. Un orgoglio indescrivibile...




sabato 23 aprile 2016

IL MONDO RICONOBBE IL LORO VALORE L'ITALIA LI DIMENTICO': LA STORIA DI UNO SCANDIANESE DIMENTICATO

La mia famiglia è la classica famiglia reggiana, di estrazione socialista e con il nonno partigiano, tutto nella norma, così sono la maggior parte delle famiglie nostrane, ma poi sono andato a fondo nel cercare notizie e informazioni, ho voluto saperne di più dei miei avi e ho scoperto verità e notizie di cui non si parlava, "dimenticate". 
Ho scoperto la storia di mio zio, il primogenito dei Montipò, bersagliere caduto nella campagna dell' Africa Settentrionale, un umile scandianese che scrisse la storia.

Però ora torniamo a mio nonno, Giovanni Montipò, classe 1927 che a soli 17 anni decise di combattere insieme ai partigiani la "guerra di liberazione". Era molto giovane, appena un ragazzo, era un sappista del I° BATTAGLIONE della 76° brigata SAP.  
Fin da piccolo sentivo parlare di lui, dei partigiani, delle loro imprese, anche in paese, a Chiozza, i più anziani mi parlavano di mio nonno, specialmente quando andavo a tagliarmi i capelli dal barbiere simbolo del paesino, da "checco"! 

Scheda Anpi di mio nonno

A me però colpiva una foto in bianco e nero di un ragazzo col cappello piumato, quel cappello da bambino mi piaceva tantissimo, era una foto sul mobile in sala, mi dicevano che era lo zio morto in Africa, di più non si sapeva e non dicevano. 
Io sono andato a fondo , ho voluto scoprire la storia di quel ragazzo col cappello piumato e qualche anno fa ho trovato le risposte alle mie domande. 

Mio zio si chiamava Pietro Montipò, classe 1920, era il primogenito dei Montipò, il fratello maggiore, era una persona semplice e volenterosa, un bracciante di umile famiglia con la terza elementare come titolo di studio. 
Veniva congedato per il servizio di leva il 1 giugno 1939. Il 2 febbraio 1940 veniva richiamato alle armi, la seconda guerra mondiale era già iniziata da mesi, l'Italia era ancora non belligerante ma la guerra era chiaramente alle porte. Mio zio veniva arruolato, il 25 maggio 1940 nel 12° reggimento bersaglieri della 133° divisione Littorio. 

Nel giugno del 1940 partiva per il fronte alpino occidentale contro la Francia, poi nell'aprile 1941 combatteva sul fronte alpino orientale, quello italo/jugoslavo. Il 1° Gennaio 1942 si imbarcava a Napoli per Tripoli, partiva per la campagna Africa Settentrionale. 
In Africa veniva arruolato nell'8° reggimento bersaglieri combatteva in tutte le battaglie più importanti, più feroci che la storia ricordi, quelle battaglie in cui gli italiani nonostante abbiano perduto ottennero l'onore delle armi dai vincitori. 

Combatteva nelle "famose" battaglie di El Alamein, dove mio zio, veniva premiato "per lodevole comportamento in combattimento". 
Nell'autunno del 1942 cominciava la ritirata, dopo mesi di vittorie, i soldati dell'asse subivano la massiccia offensiva inglese. I reparti decimati con i suoi sopravvissuti (tra cui mio zio) marciavano verso la Tunisia per l'ultima resistenza e il 1° dicembre 1942 dalle ceneri dei reparti annientati veniva ricostituito l'8° reggimento bersaglieri, assegnato alla 136° divisione corazzata "giovani fascisti".  

In Tunisia gli italiani riuscivano ancora a resistere eroicamente, si battevano con valore assoluto, tanto che sia gli alleati tedeschi che i nemici inglesi riconobbero il valore e coraggio di cui erano fatti i soldati italiani.  
Mio zio combatteva fino al 23 aprile del 1943 dove cadeva in combattimento a pochi giorni dalla fine delle operazioni (la guerra in Africa settentrionale finiva il 13 maggio 1943). 



Foto di Montipò Pietro


Foglio matricolare di mio zio e la medaglia della campagna africa settentrionale

Fronte medaglia campagna africa settentrionale

Retro medaglia campagna africa settentrionale


Alla fine di questa storia non voglio giudicare (come fanno alcuni) su chi era il giusto e chi sbagliato, su chi "merita" il ricordo e chi no, tutte e due questi Montipò li porto dentro di me con orgoglio, erano tutte e due giusti, è la guerra quella sbagliata.
Inorridisco a pensare che mio zio e tantissimi italiani sono stati volutamente dimenticati per volere politico, oggi dovremmo ricordare chi è morto per l'Italia, quelle decine e decine di migliaia di italiani caduti mentre indossavano l'uniforme, mentre rappresentavano l'Italia e il popolo italiano.
Il mondo e i vincitori alleati, i libri di storia e le cronache belliche ci tramandano il valore dei soldati italiani, specialmente in Africa, dove hanno tirato fuori il meglio di se, tutti lo riconoscono e lo ricordano, tutti tranne l'Italia che per convenienza politica e IPOCRISIA preferisce dimenticare.
Quel ragazzo ventenne, quel mio zio che scrisse la storia da vinto, dopo decenni di silenzio, lo faccio rivivere in queste righe, sul mio blog perché le sue gesta meritano di essere ricordate, il suo ricordo deve essere patrimonio di tutti, uno scandianese che in Africa ha combattuto come un leone.
Aveva superato tutte le battaglie più dure, "un sopravvissuto" ma a pochi giorni dalla fine non c'è l'ha fatta, oggi nel 1943 cadeva in combattimento. Che tu possa riposare in pace e che le tue gesta rimangano per l'eternità, eri, eravate l'italia migliore, la più valorosa!

Marco Montipò

giovedì 23 aprile 2015

IL MONDO RICONOBBE IL LORO VALORE, L'ITALIA LI DIMENTICO'

Bersagliere Pietro Montipò


Pietro Montipò, bersagliere, classe 1920, oggi nel 1943 cadeva in combattimento in Tunisia.

Io non l'ho mai conosciuto per ovvi motivi,  e in casa non si era mai parlato dello "zio" morto in africa, si diceva solo che era caduto in guerra, purtroppo non ha avuto il ricordo che meritava, lui come migliaia di italiani morti nel fronte africano per poi essere riposti nel dimenticatoio nazionale.

 Dopo tante ricerche sono riuscito a ritrovare la cronologia dei suoi ultimi anni e un po della sua storia, era una persona semplice e volenterosa, un bracciante di umile famiglia con la terza elementare come titolo di studio, venne congedato per il servizio di leva il 1 giugno del 1939.
Il 2 febbraio del 1940 venne richiamato alle armi e il 21/6/1940  partì per il fronte alpino occidentale con il 12° reggimento bersaglieri, dal 6/4/1941 partì per il fronte italo jugoslavo, nel 1/1/1942 partì sempre col 12° reggimento bersaglieri per l'africa, destinazione tripoli (Libia) per poi essere trasferito il 21/11/1942 all'8° reggimento bersaglieri in tunisia dove trovò la morte in combattimento. 

"I'8 reggimento bersaglieri è "famoso" per avere partecipato alla battaglia di El Alamaein, dove questi giovani italiani si distinsero per coraggio e valore.
Dopo essere più volte decimato, il reggimento ricostituito servì per la campagna in tunisia, per fermare l'avanzata inglese, anche in questo caso gli italiani si fecero valere per coraggio e valore."

Quando leggo di quelle battaglie, di quel fronte, di quei valorosi giovani mi si stringe in cuore, sapendo che questo paese li ha volutamente dimenticati, circa 200000 italiani in uniforme sono morti dallo scoppio della guerra fino al 1943 sui vari fronti, dimenticarli è stato ed è un tremendo errore, una nazione che rinnega i suoi morti e la sua storia non può che essere destinata al declino, morale e culturale, io sono orgoglioso di quei giovani, di mio zio e di tutti quei patrioti che hanno sacrificato la propria vita in quella guerra, come lo sono per tutti gli eroi delle guerre d'indipendenza e della prima grande guerra, porterò avanti nel mio piccolo le loro eroiche gesta, erano l'Italia migliore, fiero di voi.




MARCO MONTIPO'