sabato 2 marzo 2019

GRANDE GUERRA: INCONTRO CON LA FIGLIA DI UN PRIGIONIERO RINCHIUSO A SCANDIANO

Nelle mie ricerche sulla Grande Guerra, ho riportato alla luce una pagina di storia completamente dimenticata, il campo di prigionia di Scandiano (RE).
Era il campo più grande della Regione e nel picco massimo contava circa 1400 prigionieri. I primi prigionieri arrivavano nel settembre 1915, si legge nel libro SCANDIANO e la GRANDE GUERRA"Alle 18 i treni arrivavano a Scandiano. I carabinieri e i molti soldati impedivano l'irrompere del pubblico nella stazione. Una volta scesi i prigionieri, i soldati italiani li scortavano fino alla Rocca dei Bojardo. Sembrava un corteo funebre, il silenzio regnava tra gli austroungarici che camminavano verso le prigioni e gli scandianesi che li guardavano stupiti. Il solo rumore che si sentiva erano i passi di quei circa 1000 soldati."


Prigionieri austro-ungarici nel momento del rancio duranti i lavori della costruzione di una strada nello scandianese

Il campo di Scandiano rimaneva funzionante fino al novembre del 1917, quando dopo Caporetto, i prigionieri venivano smistati in altri campi e nella Rocca dei Bojardo veniva acquartierato il Deposito dei Bombardieri del Re. Solo una parte di loro rimaneva a Scandiano, infatti per tutto il 1918 veniva allestito un distaccamento del Campo di Pizzighettone chiamato 19° Compagnia Prigionieri di Guerra di Scandiano Distaccamento Pizzighettone. Ho già raccontato e pubblicato diverse storie di questi prigionieri ma oggi voglio condividere una scoperta nella scoperta.

Nel libro SCANDIANO e la GRANDE GUERRA avevo menzionato uno di questi prigionieri, si chiamava Girardi Eugenio ed era nativo di Levico. Classe 1896, Eugenio come quasi tutti i giovani trentini veniva arruolato nelle truppe imperiali. Nella seconda battaglia dell'Isonzo veniva fatto prigioniero durante l'assalto alle trincee italiane. Quel giorno, insieme ad altri trentini, una volta arrivati davanti al "nemico" italiano, alzava immediatamente le mani e cominciava ad urlare "non sparate! siamo italiani!". La guerra per Girardi Eugenio finiva così, quel giorno, davanti quella trincea italiana. Veniva trasferito a Scandiano dove arrivava in quel settembre del 1915. Qui rimaneva rinchiuso nel campo fino al marzo del 1917, dove dopo una disposizione ministeriale, in cui si dava la possibilità di liberare i prigionieri di sangue italiano, ossia i trentini, triestini, istriani ecc, usciva dalla prigione per essere ospitato da una famiglia scandianese, i Curti.

Eugenio Girardi alcuni anni dopo il conflitto

Durante la prigionia sappiamo che Eugenio e gli altri reclusi venivano trattati bene. Oltre il cronista di Scandiano Aderito Belli, che definì "la dolce cattività scandianese" la prigionia di questi soldati, anche uno di loro, Francesco Zanettin, lo scriveva nei suoi diari. Era un trentino come Eugenio e anche lui arrivava a Scandiano  nel settembre del 1915. Tra le tante cose annotava che per il Natale del 1915, veniva dato dolci e vino a tutti i prigionieri per festeggiare il giorno Santo.

La mia scoperta nella scoperta - come l'ho menzionata - sta nel fatto che finalmente sono riuscito a trovare ed incontrare la figlia di Eugenio Girardi. Si chiama Agnese e vive a Caldonazzo con la famiglia. Non conosceva tutte queste pagine di storia del padre e durante il nostro incontro mi ha detto "il babbo mi diceva che in Emilia era stato trattato bene, non so altro".
Ora, dopo la nostra chiacchierata sa qualcosa di più di quel periodo e dell'esperienza del padre. Una pagina famigliare tornata alla luce dopo oltre un secolo. Dopo avere salutato Agnese e la sua famiglia, sono ripartito per l'Emilia più ricco di quando sono partito per salire in Trentino, perché sono queste le gratificazioni più belle quando si scrive di storia, sapere che i tuoi scritti hanno contribuito a costruire una storia famigliare perduta.


Foto di Marco Montipò (io), Agnese Girardi e il marito Mittenpergher durante il nostro incontro del 2 marzo 2019



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