Nella notte di Halloween per le vie di Scandiano si vedono mostri,
teschi, fantasmi, i ragazzi si raccontano storie e si guardano film dell’orrore,
una “macabra” nottata che da alcuni
anni fa calare le tenebre nel paesino dei Bojardo. Per fortuna è tutta finzione,
infatti all’oscurità si alternano le risate dei bambini, la dolcezza delle
caramelle e un clima di festa e divertimento, una macabra finzione che nasce e
muore nella magia di Halloween.
Voglio raccontare una storia proprio in questa oscura giornata, un sinistro racconto che
ci riporta indietro nel tempo e ci può dare l’idea di cosa potevano vedere fino
a pochi secoli fa i nostri antenati scandianesi.
Siamo ad Arceto nell’autunno del 1773, precisamente nella
notte tra il 24 e il 25 novembre e un delitto violento e spietato turbava
l’intera comunità, un certo Marco Braglia uccideva a colpi d’ascia le sue
sorelle seminando il terrore nella frazione scandianese. L’assassino veniva
arrestato la stessa sera dalle guardie ducali e per lui iniziava un processo
che durò quasi tre mesi. Questi omicidi però non erano la parte più
raccapricciante del racconto, anzi, il “bello”
doveva ancora venire, infatti la sentenza era altrettanto spietata,
l’assassino Braglia veniva condannato alla “decapitazione
e lo smembramento del corpo”.
L’esecuzione si compiva alle 9 del mattino nella Piazza
Maggiore[1]
d’avanti alla comunità che assisteva in silenzio. Conosciamo tutti l’inverno
emiliano e scandianese, il freddo umido che penetra nelle ossa e la fitta
nebbia che come un bianco muro impedisce al sole di accarezzarci con i suoi
raggi. E che dire dell’azzurro del cielo? vederlo in questa stagione era ed è
una rarità, l’inverno tipico emiliano si prestava perfettamente a questa
esecuzione facendone una cornice da film dell’orrore.
Ma veniamo
all’esecuzione, Il Boia davanti alla
comunità tagliava la testa dell’assassino e smembrava il suo corpo in quattro
parti, ma non era tutto, successivamente la testa veniva posta in una gabbia di
ferro ed esposta pubblicamente per giorni all’ingresso del castello di Arceto. Le parti del corpo, invece, venivano
inchiodate a delle piante vicino alla casa del delitto, il tutto illuminato da
torce perché ai tempi l’illuminazione pubblica ancora non esisteva e al calar
del sole l’oscurità si impadroniva del paese.
Tutti dovevano vedere, tutti
dovevano temere, quella esecuzione era da monito per tutti.
A fine del 700 è questo che si poteva vedere a Scandiano, un
macabro spettacolo che a differenza di oggi non era finzione, non c’erano le risate
e le caramelle ad addolcire l’atmosfera, non era una festa ma una spettrale realtà.
La storia raccontata è stata presa dal libro Storia di Scandiano di Aderito Belli[2] in cui si narra anche che la gabbia contenente la testa di Marco
Braglia era visibile ai musei civici di Reggio Emilia, purtroppo però, dopo una mia ricerca ho constatato che la gabbia non fa parte delle collezioni
del museo, forse questa “reliquia” è stata smarrita nel tempo.
[1] Piazza Maggiore oggi chiamata Piazza
Spallanzani
[2] Aderito Belli Storia di Scandiano, 1928 Pag 81
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