Il Generale Giuseppe Garibaldi rimane una di quelle figure mitologiche, non un comune mortale ma un uomo destinato a vivere per
sempre nell’immaginario collettivo. Sulle sue imprese e avventure hanno scritto
infiniti libri, che leggendoli, lasciano letteralmente senza fiato il lettore facendogli
rivivere ancora una volta quelle storie divenute leggende. Garibaldi nonostante
fosse un uomo solitario ha travolto l’Italia intera e ogni città infatti ha vantato la
sua venuta, anche Reggio Emilia che con una Lapide (tutt’ora esistente) menziona
come il Generale abbia dormito nella città del tricolore, si legge "A ricordare che nell'anno 1859 adì 18 agosto ebbe qui stanza GARIBALDI..." Scandiano gli ha
dedicato una delle vie più importanti del paese, quella che entrava da porta
Montanara (ora non più esistente) e che si addentrava nel cuore della
cittadina, Corso Garibaldi appunto.
Garibaldi ha avuto diversi scandianesi che l’hanno seguito sia idealmente che con le armi. Tra i primi troviamo Pietro Artioli, arcetano e primo socialista di Reggio Emilia.
Ritratto di Corso Garibaldi da Porta Montanara e Lapide di Garibaldi a Reggio Emilia |
Garibaldi ha avuto diversi scandianesi che l’hanno seguito sia idealmente che con le armi. Tra i primi troviamo Pietro Artioli, arcetano e primo socialista di Reggio Emilia.
Artioli nel 1873 fondava nel reggiano il primo giornale di stampo internazionalista e socialista L'Iride e proprio ad Artoli, Garibaldi, scriveva una lettera in cui esortava i cittadini reggiani e scandianesi a diffidare dai preti:“Caro Artioli, dite ai nostri operai che liberino l’anima dal prete e si potrà allora avere libertà materiale…”. Sempre Artioli nel 1888, in veste di Assessore del
Comune di Scandiano, inaugurava la lapide commemorativa al "vecchio amico" Garibaldi. Inizialmente murata nella Torre dell’Orologio e oggi esposta su Corso
Vallisneri nella facciata del Municipio. .
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Pietro Artioli nel 1873 e foto dell torre dell'orologio con ancora la Lapide di Garibaldi |
Garibaldi fu anche un capo militare, lui che l’Italia la fece
con i fucili di tutta la penisola. Nei suoi ranghi durante le guerre
d’indipendenza marciarono diversi scandianesi come: Almansi Felice, Bigi Domenico, Caroli Paolo, Almansi Eugenio, Beggi Clemente, Navalotti Matteo, Zannoni Giovanni, Cappelli Angelo. Oppure come Beggi Sante e Luigi Menozzi che entrambi partivano tra i volontari garibaldini nella Campagna di Guerra 1866,
conosciuta anche come Terza Guerra d’Indipendenza.
Beggi aveva appena diciottanni mentre Menozzi
solo sedici. Quel conflitto nasceva per volontà della Prussia che insieme all'Italia, cercava di contenere l'espansione austriaca. Dopo avere siglato un alleanza con il Regno d'Italia, la Prussia attaccava l'Austria, era il 15 giugno 1866. Subito dopo, come d'accordi, scendeva in campo anche l'Italia che attaccava l'Austria su due fronti: l'esercito regolare in Veneto, Garibaldi e i suoi garibaldini in Trentino. In
quella campagna di guerra, gli unici ad ottenere successi militari furono
proprio quei garibaldini, che nonostante erano mal equipaggiati, vincevano sul
campo le truppe austriache. Negli ambienti militari dicevano “per sorvegliare ventimila garibaldini occorrono quarantamila regolari” direi che avevano proprio ragione. Tra quei volontari c’era anche lo scandianese Domenico Beggi che appena ventunenne veniva arruolato come soldato nella 12° Compagnia Corpo Volontari Italiani e partiva con il leggendario Generale. I garibaldini avevano fucili scadenti e senza divise,
i più fortunati indossavano la “famosa”
camicia rossa. Queste mancanze erano dovute alle direttive dell’alto comando
militare italiano che disprezzava fortemente Garibaldi e i suoi uomini. Nelle regole d'ingaggio infatti, facevano di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote, scriveva Garibaldi di quei momenti: "Non si parlava di cannoni: i volontari pensino a prenderseli, e i soliti catenacci, non le buone carabine di cui già era fornito l'esercito. Parsimonia miserabile nel vestiario, per cui molti militi andarono al nemico vestiti da borghesi. Infine le solite miserie, a cui hanno assuefatto i nostri volontari le cariatidi della monarchia." Il Reggimento di Domenico Beggi dopo averlo ispezionato Garibaldi in persona, risultava che “più di un terzo dei suoi uomini erano mezzi nudi e senza fucili.” Nonostante l'aperta ostilità del Comando italiano i volontari si moltiplicavano e da tante città italiane, compresa Scandiano, partivano a migliaia. Alla vigilia della guerra, il Corpo Volontari Italiani contava oltre quarantamila soldati e nonostante tutto, sarà l'unico a vincere sul campo il nemico arrivando fino alle porte di Trento.
Domenico Beggi in divisa da garibaldino |
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